“Doombo” il potente e inarrestabile brano dei Primitive Mule

“Doombo” è un brano potente e inarrestabile, rappresentato metaforicamente come un elefante che procede incessante, puntando dritto alle gambe e alla testa dell’ascoltatore. I suoi passi sono possenti e pieni come la sezione ritmica, le chitarre fanno eco al suo verso animalesco.

Nel ritornello, il pachiderma carica impetuosamente verso l’ascoltatore e poi, inaspettatamente, spicca il volo. Questo momento simboleggia un punto culminante della canzone che eleva emotivamente chi ascolta.

Nel pezzo non compaiono elefanti rosa, ma piuttosto un muro altissimo che continua a crescere al ritmo ossessivo del groove. Questa allucinazione si trasforma e si muove incontrollata, rendendo incerte le distinzioni tra realtà e fantasia. L’avanzare ipnotico del brano confonde l’ascoltatore su ciò che è reale e ciò che è frutto del delirio.

 

C’è un momento specifico che ricordate come l’inizio della vostra carriera musicale?

L’inizio è stata la prima prova con la formazione al completo. Abbiamo capito di aver trovato un mix fertile di esperienze pregresse, idee e ispirazioni diverse, ma che in qualche modo potevano essere unite in qualcosa di nostro. Percorso decisamente complicato, ma che ci sta dando le sue soddisfazioni.

 

Da dove traete principalmente ispirazione per le vostre canzoni?

L’ispirazione arriva da molteplici fonti: esperienze personali, sogni, e osservazioni quotidiane. Per esempio, il nostro brano “Doombo” è nato da un sogno surreale di Andrea, il nostro bassista, in cui lottava contro un muro che cresceva sempre. Questo sogno, unito a un riff cadenzato e ripetitivo, ha dato vita alla canzone. Ci ispiriamo anche alla natura, alla psichedelia, e ai contesti urbani che ci circondano.

 

Ci sono temi o messaggi ricorrenti nelle vostre canzoni?

Per noi suonare e scrivere musica è uno strumento per capire come vivere in questo mondo, come vivere questi tempi. Tutto nasce dalle nostre jam session, quindi a partire da un suono. Cerchiamo di inquadrare questo mood in un immaginario, e in un secondo momento andiamo a concretizzare in parole quelle che sono le nostre sensazioni di pancia. È un lavoro di scavo psicologico, che ci porta a confrontarci con noi stessi. Cosa abbiamo voluto dire con questo riff? Cosa cercavamo di tirar fuori attraverso questi suoni?

Per rispondere alla tua domanda: il tema ricorrente è la nostra vita.

 

Quali artisti o generi musicali vi hanno influenzato maggiormente?

Le nostre influenze sono vaste e varie. Amiamo i Queens of the Stone Age per la loro capacità di mescolare melodie e potenza stoner. Gli Idles ci ispirano con la loro energia punk e il loro sound garage. Mark Lanegan ci ha influenzato con la sua voce profonda e il suo stile soul. Queste influenze convivono nel nostro sound, che è una fusione di stoner, garage, soul e alternative.

 

Come valutate la vostra evoluzione artistica nel corso degli anni?

Molto sudata e con pochi compromessi. Siamo partiti mettendo sul tavolo quello che sapevamo fare dopo i tanti anni passati a suonare nelle nostre esperienze precedenti. Del buon rock, un po’ hard, un po’ garage. Ma da lì in poi abbiamo voluto aprire gli orizzonti, nelle nostre canzoni abbiamo creato spazio per inserire groove funk,voci soul, armonie chitarristiche molto ricercate e figlie di certo prog psychedelico. Cerchiamo sempre nuovi riferimenti e nuove ispirazioni e non ci piace replicare la stessa ricetta, per cui portiamo sempre più in alto l’asticella di quello che facciamo. Non esce nulla dalla nostra sala se non convince pienamente tutti e quattro.

 

Qual è la vostra canzone preferita da eseguire dal vivo e perché?

Adoriamo suonare “Three Little Fuckers” dal vivo. Questa canzone ha un’energia travolgente che coinvolge sempre il pubblico. È un pezzo che ci permette di liberare la nostra energia e di coinvolgere profondamente chi ci ascolta. Poi la risposta del pubblico è sempre divertita, rendendola una delle nostre preferite in assoluto.

 

Da dove è nata l’idea per il vostro nuovo singolo?

Il nostro nuovo singolo, “Doombo”, è nato da un groove che ci ha colpito immediatamente. Abbiamo costruito il brano attorno a questo riff ossessivo, che ci ha ricordato la famosa scena degli elefanti rosa di Dumbo. Il testo poi crea un parallelo con un’allucinazione vissuta da Andrea da bambino, trasformando l’esperienza in un viaggio sonoro e visivo unico.

 

Quali sono i vostri obiettivi per il futuro in termini di carriera musicale?

La nostra ambizione è evolvere il nostro sound in qualcosa che sia omogeneo, ma mantenga al suo interno le tante contaminazioni che ci contraddistinguono. Stiamo lavorando a un nuovo EP che rappresenterà un passo avanti in questo percorso. Il nostro sogno è portare la nostra energia primitiva sui palchi dei festival italiani e internazionali, raggiungendo un pubblico sempre più ampio. Vogliamo anche continuare a sperimentare con il nostro sound, esplorando nuove sonorità e stili.

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