ROMA – La crisi economica, con l’inflazione alle stelle e l’aumento indiscriminato dei prezzi, rischia di portare alla povertà assoluta una grande fetta degli oltre 23 milioni di pensionati italiani che in media percepisce 13.753 euro anno pari a 1.146 euro mensili.
Secondo uno studio condotto dal Cses – centro studi di economia sanitaria di Senior Italia FederAnziani – basato su dati Istat e sul rapporto di Confindustria “l’economia della terza età del 2020), la spesa degli over 65 è costruita su due grandi filoni: quello alimentare 19% e non alimentare 81% che in valori assoluti mensili corrispondono a 217 euro per alimenti e 998,26 euro per tutto il non alimentare, per un totale di 1.215 euro mensili, quindi ben oltre l’importo medio delle pensioni erogate dallo Stato.
All’interno di questo 81% spiccano ancora tre voci importanti: il 40% per l’abitazione e le utenze pari a 458,4 euro al mese, il 9% per i trasporti e auto pari a 103,14 euro mese, il 7% per la salute pari a 80 euro al mese. Considerando quanto accaduto negli ultimi 2 anni, con un’inflazione passata dal 2,2 del 2021 al 11,8% del 2022, i conti sono oramai ingestibili e con l’aumento della spesa alimentare, il raddoppio dei costi del gas, gasolio, elettricità, benzina, rischiano di trasformarsi in una bomba sociale che il governo ha il dovere di disinnescare prima possibile.
Sempre secondo la ricerca del Cses di FederAnziani, gli aumenti dei beni alimentari (per alcune categorie ingiustificati) sono aumentati tra il 35% e il 70% rispetto all’anno precedente, mettendo in seria difficolta la categoria degli over 65 che con le loro esigue pensioni sono a rischio povertà.
Circa il 37% degli intervistati ha eliminato l’acqua in bottiglia dalla spesa settimanale e beve l’acqua del rubinetto di casa, il 26% ha smesso di acquistare gli integratori, il 63% ha ridotto ad una volta alla settimana la carne bianca o rossa, sostituendola con lenticchie ceci e fagioli, in molti per risparmiare rischiano di non poter più acquistare farmaci e pagare le cure necessarie. L’uso dell’automobile ridotta solo per necessità, saltati i regali ai nipoti e tanto altro ancora.
“quello che più preoccupa la federazione” chiosa il Presidente della Federazione Roberto Messina “che molti anziani scelgono di far quadrare i conti anche risparmiando sulle medicine e visite mediche, mettendo a serio rischio la salute”
In Italia, commenta il Cses, “ci sono circa 4 milioni di over 65 che vivono soli, il 70% sono pensionati con meno di mille euro e il 17% con pensioni di appena 500 euro: si tratta di un’emergenza che al momento, purtroppo, non pare sia al centro del dibattito politico ma che rappresenta invece un dramma sociale da affrontare con la massima urgenza”.
“Ci auguriamo che il governo voglia affrontare con la massima urgenza il tema dei 14 milioni di anziani che non sono un peso ma una grande risorsa e lo dimostra il fatto che contribuivano al sistema Paese con circa 34 miliardi di euro, di cui 27 miliardi non considerati nel Pil perché sono il supporto che i nonni danno a figli e nipoti nella gestione della famiglia”.
“Serve un grande Piano Marshall sociale di supporto alle famiglie che, causa anche la crisi energetiche vivono sempre più in prossimità della povertà. Occorre investire sulla salute e puntare sui livelli essenziali di assistenza con eguaglianza sociale, sanitaria e territoriale. Come FederAnziani chiediamo l’istituzione di un fondo per le famiglie in condizioni di difficoltà ma soprattutto chiediamo che venga istituito un Ministero della Terza Età o comunque un ente delegato che faccia da raccordo fra le competenze divise nei vari dicasteri per mettere in campo politiche efficienti e mirate verso il popolo degli anziani”.
L’articolo Federanziani: inflazione e crisi 23 milioni di pensionati a rischio povertà proviene da PRIMA NOTIZIE.