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Alhena: intervista alla band romana

Alhena: intervista alla band romana

Alhena: intervista alla band romana

Alhena è una band formatasi a Roma nel 2022 ispirata dal sound delle più importanti formazioni pop e synth-pop italiane ed internazionali (Coldplay, Pinguini Tattici Nucleari, Thegiornalisti). La band nasce dall’incontro tra Andrea Tantimonaco, Nicolò Tammaro nel Centro di Formazione Artistica e Professionale “Armonie Musicali” di Roma, dove collaborano nei laboratori di musica d’insieme e suonano in alcuni locali della capitale, tra i quali Largo Venue.
Nel 2022 pubblicano il loro singolo di esordio autoprodotto “Come la Neve” e nell’estate del 2023 si classificano terzi all’Aprilia Original Music. Alla fine del 2023 ottengono il loro primo contratto di coproduzione con UpMusic Studio / Il Branco Publishing grazie al quale collaborano con Sabatino Salvati e Vittorio Valenti al brano “Arancione easyJet”.
La band è formata da: Andrea Tantimonaco (voce / chitarra / tastiere) nonché autore e produttore dei brani. Studia canto con il cantautore e vocal coach Andrea Di Giustino, e si approccia alla produzione musicale grazie anche alla didattica di Matteo Cantaluppi; Nicolò Tammaro (batteria / drumpad / percussioni). Studia batteria con Roberto Pirami (coach Tour Music Fest); Stefano Taborri (basso). Studia al Saint Louis College of Music ed è bassista, tra l’altro, nella band Hofmann Orchestra.

C’è un momento specifico che ricordate come l’inizio della vostra carriera musicale?
Sicuramente, se dovessimo identificare un momento in cui è nata questa band, diremmo che è stato durante un live a Largo Venue, nella capitale. Partecipammo ad un contest in cui gareggiavamo con altre band molto più preparate di noi, su un palco che forse, in quel momento, rappresentava un’esperienza rispetto alla quale non eravamo artisticamente pronti. All’epoca suonavamo dei pezzi con chitarra, voce e batteria, e non avevamo ancora una chiara direzione artistica. Non ci chiamavamo neppure con il nome attuale ed eravamo l’esatta metà della formazione odierna. Quella sera, però, uscimmo dal locale con la consapevolezza che se avessimo dovuto definire “casa” un posto, sarebbe stato senza alcun dubbio il palco.

Da dove traete principalmente ispirazione per le vostre canzoni?
Fino ad oggi, tutte le nostre canzoni sono state ispirate da esperienze che abbiamo vissuto in prima persona. Crediamo fermamente che il modo migliore per creare empatia con il nostro pubblico sia raccontare storie reali, quelle che nascono dalla vita di tutti i giorni. La realtà ha una forza narrativa unica: è proprio attraverso la verità del nostro vissuto che riusciamo a raggiungere chi ci ascolta. Però, al tempo stesso, vogliamo che le nostre canzoni siano abbastanza aperte da permettere a chiunque di immergercisi e di cucirci sopra la propria storia.

Pensiamo che la nostra esperienza debba essere una sorta di tappeto su cui gli altri possano camminare per ritrovare pezzi del proprio passato, riflettere su quello che stanno vivendo nel presente, o magari immaginare il futuro che li attende. Non si tratta solo di raccontare il nostro percorso, ma di creare uno spazio emotivo in cui ogni ascoltatore possa riconoscersi e sentirsi parte di qualcosa. È questa la forza della musica: è personale ma anche universale, e il nostro obiettivo è proprio questo: far sì che la nostra realtà diventi lo specchio di tante altre.

Ci sono temi o messaggi ricorrenti nelle vostre canzoni?
In molte delle nostre canzoni affrontiamo il tema dell’amore in diverse declinazioni e sfaccettature, tanto che il nostro primo album sarà un concept che esplorerà le fasi di una relazione affetta dall’attaccamento evitante e la necessità, per poterne uscire, di fare i conti con i pezzi che restano di noi (e ciò che siamo diventati) quando tutto volge a conclusione.

Il messaggio che ci piace lasciar passare in ogni canzone è che nessuno è davvero solo nei momenti di sconforto, perché qualcuno ha già vissuto una situazione con un simile comune denominatore. E la cosa più importante di cui siamo fermamente convinti, è che il segreto sia mettere amore in ogni cosa e di lasciare che le cose vadano come devono andare. Qualsiasi cosa accada. Insomma, una sorta di legge di Murphy con una spiccata vena romantica.

Quali artisti o generi musicali vi hanno influenzato maggiormente?
I Coldplay, per noi, rappresentano il massimo a cui aspiriamo in termini di sound. Hanno quella capacità unica di creare musica che emoziona, coinvolge e resta impressa, ed è esattamente quello che cerchiamo di fare anche noi con i nostri brani. Dal punto di vista formativo, siamo stati fortunati: alcuni di noi hanno avuto l’opportunità di studiare produzione musicale con Matteo Cantaluppi, il produttore dietro nomi come Thegiornalisti, Francesco Gabbani e Tommaso Paradiso. Il suo approccio alla creazione di un brano ci ha influenzati moltissimo, sia nel modo di lavorare in studio che nella cura dei dettagli del suono. Tra i nostri insegnanti ci sono stati (e ci sono tutt’ora) nomi sicuramente di spicco come Andrea Di Giustino e Giulio Fraternali, ai quali dobbiamo parte del nostro amore per il cantautorato italiano, ed anche Roberto Pirami che ci ha trasmesso delle forti influenze rock.

Ma c’è anche un’altra parte fondamentale del nostro percorso, che arriva dal passato musicale di ognuno di noi. Siamo cresciuti ascoltando le canzoni che i nostri genitori amavano, quelle musicassette e CD che ci accompagnavano durante i viaggi in macchina. Non possiamo dimenticare i mixtape fatti in casa che spaziavano da Battisti ai Queen, fino agli Spandau Ballet. È come se tutto questo ci avesse plasmati senza che ce ne rendessimo conto, creando un insieme di influenze che oggi portiamo nella nostra musica.

Come valutate la vostra evoluzione artistica nel corso degli anni?
Dobbiamo dirti la verità: se guardiamo a quel che eravamo poco meno di due anni fa, quando abbiamo iniziato questa avventura, ci rendiamo conto di essere cresciuti davvero tantissimo. Ci è costato (e ci costa tutt’ora) un’infinità di tempo, di soldi e di sonno. Però non rimpiangiamo nulla di tutto quello che abbiamo investito su noi stessi, perché ci ha portato dove siamo, qui ed ora. Sappiamo anche che abbiamo moltissimo da imparare, ma siamo consapevoli del percorso che abbiamo voluto intraprendere e della strada che abbiamo davanti a noi: lunga, tortuosa, ma che comunque vada, nel bene o nel male, ci permetterà di non avere alcun rimpianto.

Qual è la vostra canzone preferita da eseguire dal vivo e perché?
Senza alcun dubbio è proprio Arancione EasyJet: è il brano musicalmente più ballabile che abbiamo in scaletta e coinvolge più degli altri il pubblico, anche per alcune parti del testo che sono facili da ricordare. Capita spesso che, quando la suoniamo, il locale canta con noi il ritornello e, come immaginerai, è una delle cose più belle che può capitare quando sei sul palco.

Siamo molto legati anche al nostro singolo d’esordio, Come la Neve, che è la prima canzone che suoniamo in scaletta nei nostri live. È il nostro brano più cantautoriale e rappresenta un’istantanea di come eravamo all’inizio del nostro percorso artistico. Probabilmente ci piace così tanto suonare questi due brani perché sono uno spaccato del nostro vissuto, un modo per raccontare come eravamo e come siamo.

Da dove è nata l’idea per il vostro nuovo singolo, “Arancione EasyJet”?
L’idea per “Arancione EasyJet” è nata da un incontro vissuto realmente da uno di noi. Una sera, in un club, abbiamo notato una ragazza con una maglietta arancione che ha catturato immediatamente la nostra attenzione. Quell’istante è stato intenso, quasi magico, nonostante non ci sia stato uno scambio di parole ma soltanto due mani che si sono sfiorate, e la sensazione di conoscersi da una vita intera. Abbiamo voluto raccontare la bellezza e la forza di una connessione improvvisa e profonda, quella sensazione di poter percepire l’altro senza bisogno di parlare, perché ci rendiamo conto che ai giorni nostri questo modo di vivere i sentimenti sta andando via via sempre più in uno stato di ibernazione, a favore invece dei rapporti “usa e getta”

Quali sono i vostri obiettivi per il futuro in termini di carriera musicale?
Sul breve percorso, vogliamo pubblicare un album che racconti nella sua interezza la storia di cui accenniamo in Arancione EasyJet: ci è sempre piaciuta l’idea di creare un concept album, sul filone di Ghost Stories dei Coldplay o, se vogliamo andare a cercare più nel passato, di QPGA di Claudio Baglioni. Sicuramente da qui a breve riprenderemo anche con i concerti dal vivo, perché non vediamo l’ora di tornare sul palco.

Per quel che concerne invece il lungo tragitto, vogliamo che la musica diventi il nostro mestiere: è chiaro che nei nostri sogni, seppur coscienti che sarà difficile se non quasi impossibile realizzarli, ci sono interi stadi pieni di persone ad ascoltare la nostra musica.

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