ROMA – Dal riconosciuto autore James Gray, Armageddon Time è una storia di crescita profondamente personale che affronta le vicende di una famiglia disperatamente impegnata nella ricerca di un’affermazione che ha coinvolto un’intera generazione, il Sogno Americano. Il film è interpretato da un cast di grandi artisti, come Anthony Hopkins, Anne Hathaway e Jeremy Strong. È stato presentato alla Festa Del Cinema di Roma e ad Alice Nella Città.
James Gray da quando fa cinema gira costantemente su temi che lo appassionano, o addirittura lo tormentano. Questa volta, assume il ruolo del biografo per ritornare a ciò che lo ha portato a diventare un artista, vale a dire il suo incommensurabile desiderio di emancipazione intellettuale e di giustizia. Il piccolo Paul trascorre le sue giornate a scuola a disegnare ritratti o supereroi, quando non cerca in tutti i modi di divertire la galleria. Non è fatto per la scuola, sia pubblica che privata. È un bambino progettato per fuggire attraverso la creazione artistica.
Gray posiziona la sua telecamera nel cuore di una famiglia ebraica. Le figure paterne gravitano intorno all’eroe, a cominciare da questo carismatico e amorevole nonno, che è forse l’unico a credere nelle sue aspirazioni. Armageddon Time è un film sull’educazione, in quanto deve aprire strade e creare spazi di libertà. Anche la morte del nonno diventa un’opportunità per il bambino di reinventare la sua esistenza e assumersi le sue responsabilità. James Gray filma con grazia infinita la relazione tra Paul e un ragazzino nero, cresciuto da una nonna che soffre di demenza, nell’indifferenza delle istituzioni scolastiche e sociali degli Stati Uniti. Attraverso questa amicizia, il regista decifra il fallimento di una società incapace di emancipare i suoi cittadini e di estrarli dalla miseria in cui crescono. La porta alla delinquenza giovanile sembra già tutta tracciata; nonostante il desiderio di giustizia di Paul, il suo amico vi affonda inesorabilmente. Questo è forse il film più politico del regista. Si preme tutto l’attivismo di un artista che vorrebbe grazie alla sua opera rettificare una società irresistibilmente aspirata da una destra dura, conservatrice e lenta.
Uno dei riferimenti più palesi, quasi citazionistico del film è da cercare nel più grande classico della Nouvelle Vague francese: Les 400 Coups. Antoine e Paul hanno tanto in comune, sia come spirito che nella storia personale dei fatti. Dal computer/macchina da scrivere rubata, all’arresto e il salvataggio del padre, alla vergogna della madre, la punizione disciplinare e la fine evasoria con la ricerca della libertà.
I primi 45 minuti sono fantastici, ma poi il film diventa ripetitivo, lento e noioso, nonostante il grande cast. Il problema principale qui è che la sceneggiatura non ha quasi nulla da dire nella seconda metà della narrazione, manca totalmente di energia, ritmo, dinamica e conflitto. La seconda metà è piena di eventi prevedibili e conflitti casuali che girano attorno ad un punto indefinito. Un altro problema è che tutti i personaggi non sono coinvolgenti. Il ragazzo, il padre e il nonno sono ben scritti e ben giocati. Il trio Banks Repeta/Jeremy Strong/Anthony Hopkins è davvero fantastico. Ma altri personaggi come il fratello e la madre (nonostante l’interpretazione magistrale di Anne Hathaway) sono inutili e non coinvolgenti. Non hanno un conflitto personale o un arco narrativo, e questo è un peccato. Anche la fine è deludente.Questo film aveva un grande potenziale, ma lascia sicuramente la sensazione che sia incompiuto. Fa arrabbiare quando sai che sarebbe potuto essere molto meglio, con un regista così dotato.
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