MILANO – La transizione digitale sta modificando profondamente il mercato del lavoro e oggi già il 12% degli annunci di lavoro online in Italia riguarda “occupazioni digitali”. Tra queste, le offerte più diffuse riguardano sviluppatori, programmatori e ingegneri del software, quasi metà dei digital jobs del nostro paese (il 44%), ma non mancano Data Analyst/Administrator (21%), ICT e HR manager o marketing specialist (21%) e addetti al data entry e tecnici ICT (15%). Lo rivela il rapporto realizzato dall’OCSE in collaborazione con Randstad, che utilizzando i Big Data ha analizzato 417 milioni di annunci di lavoro postati online in 10 Paesi nell’ultimo decennio per comprendere le tendenze nella domanda di occupazioni digitali, identificare le competenze più richieste e i percorsi di riqualificazione più efficaci per la carriera delle persone.
L’Italia, insieme alla Spagna, mostra la percentuale più alta di annunci che riguardano occupazioni digitali, pari al 12% del totale delle offerte di lavoro presenti sul web. Seguono Olanda, Singapore e UK (11%), Germania (10%), Belgio (9%), Usa e Francia (7%), Canada (6%). Tra le diverse professioni, i più alti tassi di crescita in tutti i Paesi, compreso il nostro, riguardano sviluppatori di software, programmatori e ingegneri, data scientist e ingegneri. In Italia, il numero di annunci di lavoro online per professionisti di reti e database è aumentato di quasi 9 volte tra il 2014 e il 2021, raggiungendo più di 2000 nuove posizioni disponibili all’anno.
“Le occupazioni digitali hanno registrato un forte aumento del volume negli annunci di lavoro pubblicati online in ogni Paese, a cominciare dall’Italia – afferma Marco Ceresa, Group CEO Randstad -. Ma la transizione digitale sta influenzando ancora di più le competenze necessarie per ogni profilo. Il rapporto rivela come la domanda di competenze digitali abbia ormai superato quella di qualsiasi altre: le ‘digital skills’ sono la nuova moneta di scambio sul mercato del lavoro, perché aprono a diverse opportunità di sviluppo e transizione di carriera. E le professioni digitali del futuro sono spesso un’evoluzione di mestieri tradizionali, grazie all’acquisizione di nuove specifiche competenze”. L’esempio è quello di un profilo come l’agente di vendita pubblicitario, che oggi può riqualificarsi per diventare specialista del marketing digitale dopo un percorso di formazione sull’analisi web. Oppure, i tecnici satellitari o della banda larga che possono affacciarsi a carriere di specialisti del supporto informatico o di ingegnere dei dati.
Le competenze digitali – Analizzando i requisiti dei diversi profili, il rapporto OCSE – Randstad rivela come le professioni digitali richiedano sia competenze tecniche che abilità cognitive di alto livello, necessarie per l’interpretazione dei dati. Tra le aree di conoscenza tecnica più richieste ci sono i linguaggi di programmazione, come Java, e software di ingegneria assistita da computer (CAE). Tra i ruoli dei diversi settori, è sempre più richiesta anche la conoscenza di machine learning, data science e data visualization. E sono fondamentali le conoscenze nell’ambito dell’analisi web, principalmente per l’espansione dell’e-commerce e dei social media.
Le 10 professioni digitali del futuro – In complementarità alla ricerca OCSE, Randstad Research, il centro di ricerca sul futuro del lavoro promosso da Randstad, ha realizzato un’ulteriore indagine per individuare oltre 100 professioni digitali che si stanno affermando nel mercato, tra “presenti”, “emergenti” e “future”, inquadrandone le relative interrelazioni e i requisiti di competenze.
Il saldo tra lavori in declino, perché spiazzati dall’automazione digitale, e lavori in crescita, perché trainati da attività innovative può essere positivo a una condizione: che le nuove figure tecnico-professionali vengano formate in abbondanza.
Tra le oltre 100 professioni digitali futuro, 10 sono particolarmente promettenti, perché legate a innovazioni dirompenti. Le prime 3 sono alla frontiera di tecnologie disruptive, altre 3 sono legate al relativo sviluppo di applicazioni, mentre 4 professioni si trovano in settori specifici che a vario titolo avranno forte spinta dallo sviluppo tecnologico.
Programmatore di Computer Quantici
Designer di “wearables” (oggetti digitali indossabili)
Esperto di sistemi di operatività a distanza (dalle applicazioni industriali, alla chirurgia, alla cucina)
Progettista di sistemi di software e hardware integrati
Broker delle tecnologie
Specialista delle nuove frontiere della cyber security
Operatore della logistica automatizzata, intelligente ed integrata
Gestore della blockchain sicura, ecocompatibile e diffusa
Personale sanitario in grado di integrare attività presenza e da remoto
Realizzatore di piattaforme di interazione virtuale nel campo del marketing, della formazione, del tempo libero.
“L’impatto della digitalizzazione sul mercato del lavoro è forte e sempre più trasversale, perché coinvolge tutte le professioni, non soltanto quelle direttamente digitali, con gravi difficoltà di reperimento per le aziende – spiega Daniele Fano, Coordinatore del Comitato scientifico di Randstad Research -. L’attuale struttura formativa italiana ha ancora “capacità inutilizzata”, per esempio negli indirizzi di ingegneria dell’informazione. Anche gli ITS, su cui punta il PNRR, sono da sviluppare ulteriormente. Occorre però rendere attrattiva per i giovani la figura dell’informatico, che conta “start-upper” brillanti e può avere ruoli di grande soddisfazione. Inoltre, è decisivo puntare su una cultura digitale diffusa, con più formazione continua: il fatto che i linguaggi di programmazione vengano ora introdotti sin dalle prime classi scolastiche rappresenta una svolta epocale”.
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