ERCOLANO – La strada è ancora chiazzata dalla pioggia del mattino. Tra i sanpietrini, il grigio dei palazzi riflessi nelle pozze d’acqua. Qualche auto passa troppo in fretta e cancella quello specchio. I passanti spostano velocemente lo sguardo per calcolare la traiettoria che separa i loro pantaloni da quella scarica di fango. Sono le 14.30 in corso Resina. Il clima è fresco, col sole prossimo a riprendere la curva di discesa e il termometro che oscilla tra i 9 e i 10 gradi.
Il cancello della tenenza dei Carabinieri di Ercolano si apre lentamente. Il maresciallo donna ha appena acceso motore e fari della sua auto. Il turno è finito e si prospetta finalmente un giorno di riposo. Attende la sfilata del cancello tamburellando sul volante. Dallo specchietto interno un’occhiata all’uniforme da portare in lavanderia.
Qualche foglia si è poggiata sui tergicristalli, meglio rimuoverla.
Esce dall’abitacolo ed è in quel momento che sente urlare. La voce arriva da una pizzeria sul marciapiede opposto.
Conosce quell’uomo e conosce il suo piccolo di due anni.
Il primo ha il volto straziato dal dolore, il bimbo ha il viso viola. Sta soffocando.
Ha gli occhi socchiusi, le braccia penzoloni.
Il maresciallo, l’auto ancora accesa e una foglia ingiallita appiccicata sulle mani, corre verso di loro.
Una scena terribile, una Pietà scolpita su carne e ossa.
Il papà chiede aiuto. Altri parenti affollano la strada. I curiosi aumentano e c’è chi allunga il collo dalle auto per capire cosa stia accadendo.
Non è ancora chiaro. E’ tutto così veloce.
Il maresciallo prende il bambino in braccio.
Qualcuno le dice che non respira.
Inizia a praticargli la manovra di Heimlich, pensando che avesse qualcosa ad ostruirgli la gola.
Nulla. Nessun segnale. Chiede agli altri presenti di chiamare il 118 e intanto continua.
Passano minuti interminabili, dell’ambulanza nessuna traccia.
Torna correndo in caserma, chiede aiuto ad un altro maresciallo che aveva appena montato.
Anche lui tenta la manovra di soccorso ma quello che il bimbo rigetta è solo bolo e muco.
Qualcuno parla di febbre, di un antipiretico appena assunto. L’adrenalina accelera il pensiero e intanto la sirena dell’ambulanza non si sente.
Così i due sottufficiali decidono di saltare nell’auto del maresciallo. Alle foglie penseranno dopo.
Gli pneumatici stridono e parte una corsa forsennata, con padre e figlio sui sedili posteriori.
“Aiutatemi vi prego”, ripete.
Il cambio non vedrà marce più alte della terza e i circa 5 chilometri fino all’ospedale Maresca di Torre del Greco saranno coperti in poco più di 3 minuti. Senza sirena, senza lampeggianti. Col maresciallo lato passeggero ad urlare dal finestrino per spianare la strada alla collega col piede pigiato sull’acceleratore e le braccia tese.
Il navigatore ricalcola il percorso come un nastro, confuso per quella previsione sballata che ipotizzava un viaggio di oltre 10 minuti.
Il pronto soccorso è in vista.
Il piccolo è ancora incosciente ma finirà immediatamente nelle braccia dei medici.
Pare si tratti di una reazione allergica così lo spostano al Santobono, in ambulanza.
Saranno ore di angoscia ma trascorreranno in fretta. Il bimbo si è salvato. I soccorsi sono stati tempestivi e sta bene. Di quel pomeriggio resteranno solo la gioia di rivedere il sollievo di una famiglia e quella frase che vale più di una medaglia: “Siete degli angeli”.
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