Comunità Energetiche, siamo in linea con gli obiettivi climatici 2030?

Comunita Energetiche 300x300 mWBIm0
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Il 29 giugno 2022 il consiglio europeo ha adottato il pacchetto “pronti per il 55%” che racchiude l’insieme degli orientamenti  generali sulle riduzioni delle emissioni e sul loro impatto sociale.

Il pacchetto ha l’obiettivo di  revisionare, adeguandola, tutta la normativa UE per allinearla agli obiettivi climatici 2030 di  riduzione del 55% delle emissioni  di gas ad effetto serra.  

Il quadro normativo deve necessariamente essere molto equilibrato per  garantire non solo   laequa  transizione dal punto di vista sociale ma, anche, la competitività  dell’industria europea e la sua leadership nella lotta globale ai cambiamenti climatici.

È iniziato un conto alla rovescia che richiederà un enorme impegno  della commissione europea  e di tutti gli Stati membri, considerato che mancano solo sette anni alla data obiettivo.

Riguardo alle energie rinnovabili, il pacchetto Pronti per il 55%  propone  di aumentare al 40% la quota parte  percentuale di energia rispetto al consumo complessivo.

L’aumento dell’uso di energie rinnovabili dovrà essere raggiunto soprattutto in quei settori dove  i progressi sono stati più lenti: trasporti, edilizia e industria.

L’aumento dei prezzi delle energie non rinnovabili e  le difficoltà di approvvigionamento, aggravate dal conflitto in corso in Ucraina, hanno accelerato la consapevolezza dei Paesi membri UE  dell’urgente necessità di raggiungere il prima possibile l’autonomia energetica e, soprattutto,  di accelerare verso la neutralità energetica.

Ma come raggiungere l’indipendenza energetica e, a tendere, entro il 2050 anche quella dall’utilizzo di energie non rinnovabili?  

Se ne discute molto e tante ipotesi sono allo studio, ma per assicurare un futuro sostenibile al nostro Paese è davvero indispensabile abbandonare i luoghi comuni e uscire dagli schemiprecostituiti.  

Se  da un certo punto di vista potrebbe essere utile o, molto probabilmente, anche necessario  esplorare nel  transitorio la possibilità di implementare l’estrazione e lo sfruttamento di energie non rinnovabili interne per  gestire altri futuri eventi geopolitici incontrollabili, non si deve nel contempo  perdere ulteriore tempo nella gestione della  transizione energetica verso l’utilizzo di energie rinnovabili.  

L’indipendenza energetica non deve, però, essere considerata come una assenza di legami  tout  court dal resto delle comunità,  ma come una rete di connessioni  vantaggiosa per tutti.

È questa la ragione per la quale è necessario traguardare una indipendenza energetica interna del nostro Paese da raggiungere però in un contesto allargato all’UE, dove ciascun Paese sia una parte di un sistema di rete di connessioni e abbia la garanzia di non dover subire in futuro impatti negativi sul tema energetico a causa di eventi geopolitici avversi.

Riguardo all’indipendenza energetica interna e, soprattutto, per gli obiettivi di indipendenza anche dalle energie non rinnovabili, c’è ancora molto lavoro da fare ed è urgente un rapido cambio di passo nella progettazione, sperimentazione e realizzazione delle soluzioni, passando anche attraverso un migliore utilizzo delle risorse destinate dal PNRR.

È indispensabile un vero e proprio cambio di paradigma e, quindi, occorre una nuova  modellizzazione  del sistema di approvvigionamento energetico a cui affiancare un efficientamento dei consumi, per ridurre al massimo gli sprechi.

Le fonti di energia rinnovabili sono disponibili da sempre: energia solare, energia eolica, energia geotermica, energia idroelettrica, energia da biomassa ed energia oceanica: purtroppo                               mancano ancora o non sono completamente disponibili ed accessibili, gli strumenti con cui produrre l’energia da tutte le fonti rinnovabili.  

Possiamo installare  gli  impianti fotovoltaici, le pale eoliche, le  turbine ma siamo anche ben consapevoli che:

o occorrono incentivi per avviare il processo di produzione su scala di modelli idonei al   pieno sfruttamento delle energie non rinnovabili  che nel loro ciclo di vita utilizzino attrezzature riutilizzabili e con smaltimento a impatto zero.
o Occorre gestire il processo di transizione energetica con investimenti dedicati e tempi di esercizio in linea con gli obiettivi UE.

L’Italia produce energia da fonti rinnovabili per circa il 18%: è una percentuale ancora molto bassa   rispetto  ad alcuni Paesi quali Islanda (86%), Norvegia (71,5%),  Spagna (22%) e Germania (19,4%), ma è più alta rispetto alla Francia e al Regno Unito. In sintesi, c’è abbiamo tanto da lavorare e le date obiettivo (UE 2030 e 2050), non sono poi così lontane.

A che punto è la normativa UE e nazionale  che deve favorire la transizione energetica,  anche attraverso lo sviluppo di comunità energetiche?

Le direttive UE che riguardano le comunità energetiche sono due.

La prima direttiva,  RED II, Renewable energy directive 2018/2001,  è stata approvata nel dicembre 2018,  e   chiarisce  che la comunità energetica rinnovabile è un “ … nuovo soggetto giuridico basato sulla partecipazione aperta e volontaria di imprese, persone fisiche, enti o amministrazioni comunali..”.  La comunità è un soggetto autonomo che deve essere effettivamente controllato azionisti, soci o membri situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.

La mission delle Comunità energetiche rinnovabili (REC, CER) è di fornire “ .. benefici ambientali, economici o sociali ..” al livello delle comunità che le hanno costituite.

La  seconda direttiva ,  la IEM ovvero “ ..la Directive on common rules for the internal market for electricity 2019/944 …” , pubblicata a giugno 2019, ha successivamente introdotto la definizione di CEC, la  Comunità energetica di cittadini.

In Italia i riferimenti normativi sono:

o il recepimento normativo avvenuto con decreto  milleproroghe 02/2020,
o il successivo documento di consultazione 112/20 elaborato dall’Autorità di Regolazione e adottato nell’aprile 2020
o la Delibera ARERA 318/2020 (agosto 2020)
o il Decreto attuativo del MISE di settembre 2020 sull’autoconsumo collettivo e sulle comunità energetiche.
o Il Decreto Legislativo 199/2021 che recepisce La Direttiva RED II entrato in vigore 15 dicembre 2021;  
o I Decreti FER 1,  e FER 2 (quest’ultimo in bozza e in fase di revisione) che sono finalizzati all’incentivazione  delle tecnologie più mature (FER 1) e a disciplinare gli incentivi  necessari per realizzare impianti a Biogas, a Biomasse, geotermici  ed Eolici Offshore

Tutta la normativa  è finalizzata  all’accelerazione  del percorso di  transizione energetica per  raggiungere l’obiettivo di una crescita sostenibile con  l’impiego di energia da fonti rinnovabili e in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione che, come in parte già anticipato, sono :

o -55%  di emissioni  entro il  2030 rispetto al 1990
o Zero emissioni nel 2050.

La normativa Ue RED II  (2018/2001 UE) ha disegnato la strada da  percorrere e gli obiettivi da raggiungere: incentivi, regole, quadro giuridico e finanziario.

Con il decreto 199/2021 si introducono alcune novità importanti quali, ad esempio:

o l’aumento del perimetro delle CER  che passa dalla cabina secondaria a quella primaria;
o L’aumento di potenza massima del singolo impianto che passa da 200 e 1000  kWp;
o Gli impianti eleggibili  a partire dal   15.12.2021 e quelli esistenti, fino al 30% della potenza complessiva;
o L’efficienza energetica, la ricarica dei veicoli elettrici e Building Automation.

L’aumento del perimetro e della potenza consente di aumentare le categorie dei soggetti che potranno essere ammessi alla costituzione delle comunità energetiche:

o più comuni o comunità montane potranno unirsi in un progetto  di costituzione di comunità energetica;
o un intero quartiere di una grande città che rientra nell’ambito di una cabina primaria nei limiti di potenza massima stabiliti, può avviare una comunità;
o enti religiosi, enti di ricerca, settore terziario, le PMI e, ovviamente anche più famiglie e condomini potranno avviare iniziative in questa direzione.

La costituzione e le regole delle comunità energetiche

Le comunità energetiche non possono avere come scopo principale il profitto e riguardo alle formule di costituzione, sono maggiormente indicate l’associazione non riconosciuta o la cooperativa. Gli impianti di produzione  devono essere installati in un’area in prossimità dei consumatori, ad esempio il tetto  per i condomini.

L’energia  prodotta deve essere condivisa  tra i costituenti  la comunità, favorendo in questo modo lo sviluppo di energia a km zero; ma se l’energia è prodotta in eccesso, può essere accumulata tramite sistemi  di accumulo, per poi utilizzarla  quando le fonti di energie rinnovabili non sono utilizzabili (p.e. la notte).

Oltre alla possibilità di accumulo dell’energia prodotta dall’impianto, parte della produzione può essere immessa nella rete, riconoscendo alla comunità il valore economico.

L’impianto non deve essere necessariamente di proprietà, ma può anche essere messo a disposizione da uno dei partecipanti o da un terzo; si possono fare convenzioni con i comuni  o altri enti pubblici  per avere  un sostegno alle imprese di investimento per la realizzazione dell’impianto.

Ogni socio della comunità dovrà avere un contatore intelligente  (smart meter) che sia in grado di rilevare in tempo reale  i dati relativi  alla  produzione, autoconsumo, cessione e prelievo dalla rete dell’energia.

Per la messa in esercizio dell’impianto si deve  presentare  una istanza al Gestore dei Servizi energetici (GSE).

L’istanza può essere presentata anche da una azienda esterna, se delegata a tale scopo.

Le regole su come ripartire fra i membri i ricavi derivanti dall’energia prodotta sono interne a quelle di funzionamento della comunità energetica: regole che ciascuna comunità stabilisce liberamente attraverso un contratto di diritto privato.

Le comunità energetiche possono essere associate anche ad un sistema di efficientamento energetico  degli immobili  (p.e. cappotto termico, infissi di nuova generazione, ..  ) che consentono di ridurre gli sprechi  nell’utilizzo dell’energia, aumentando così gli impatti positivi sia di natura ambientale, sia  in termini economici, perché si abbattono ulteriormente i costi.

Il decreto legislativo   199/2021 del 15.12.2021  ha  poi introdotto  le modifiche che danno maggiore flessibilità alle comunità energetiche, e tra queste si segnala:  

o La possibilità di incrementare  al 60% della copertura da fonti rinnovabili dei consumi energetici di edifici nuovi o soggetti a ristrutturazioni;
o La facoltà  di aumentare  fino a 1 MV la dimensione dei singoli  impianti (prima era limitata a  200 kW);  
o L’eliminazione del  limite imposto dalla cabina secondaria, gli impianti di produzione dell’energia elettrica da fonti rinnovabili ora possono essere connessi alla rete elettrica attraverso la stessa cabina primaria (che corrisponde  a circa 4  Comuni  di piccole-medie dimensioni o a  2-3 quartieri di una grande città), a condizione che gli iscritti  della comunità facciano parte di tale area.

La diffusione delle comunità energetiche in Italia e nel Mondo

L’Italia è in ritardo nella stesura dell’impianto normativo nazionale per le comunità energetiche rinnovabili che, invece, sono una realtà diffusa in molti Paesi del Nord Europa, in special modo in Germania, Danimarca e Paesi Bassi.

Un esempio di comunità energetiche in Europa da assumere come riferimento potrebbe essere il l Bioenergy Village di Jühnde, in Germania. La comunità di questo comune tedesco si è dotata sindal lontano 2004 di un impianto di cogenerazione a biogas da 700 kW e di una caldaia a legname di scarto da 550 kW con i quali genera il 70% del calore e il doppio dell’energia elettrica necessari a soddisfare il proprio fabbisogno.

La guida ENEA riguardo alle comunità energetiche, stima che per il 2050 saranno 264 milioni di cittadini dell’Unione Europea che si uniranno al mercato dell’energia come PROSUMER (produttori e consumatori di energia)  con la capacità di generare  fino al 45% dell’elettricità rinnovabilecomplessiva del sistema. Le comunità energetiche saranno quindi in grado di contribuire attivamente al raggiungimento della neutralità climatica.

La transizione energetica verso le energie rinnovabili e la costituzione di numeri sempre crescenti di comunità energetiche necessitano di un forte piano di informazione e di formazione.

La storia della nascita delle prime comunità energetiche  in Italia risale alla fine dell’Ottocento  con le prime  cooperative sorte in località di montagna per garantirsi l’approvvigionamento energetico  tramite la produzione locale.  Si  potrebbe citare a tal proposito la SEM – Società Elettrica in Morbegno, fondata in Valtellina nel 1897:  questa  società produce ancora oggi energia elettrica attraverso otto impianti idroelettrici con una potenza complessiva di 11 MW e un bacino di utenti di  13.000 unità.

Se  la storia delle prime comunità energetiche ci porta al lontano fine ‘800, non abbiamo poi fatto moltissima strada  dopo i primi esperimenti;  è ora il momento di accelerare fortemente nell’utilizzo di energie rinnovabili e le comunità energetiche  possono svolgere un ruolo primario per il raggiungimento di tale obiettivo.

Sarebbe auspicabile che le comunità energetiche diventino sempre più  numerose, un vero e proprio ecosistema efficiente e sostenibile all’interno di una rete intelligente che garantisca sempredi più la continuità dei fabbisogni.

La transizione energetica e il passaggio da CONSUMER a PROSUMER e al PROSUMAGE

La normativa europea e il recepimento legislativo in ambito nazionale  stanno creando le premesse per le comunità degli utenti per passare dal profilo di consumatore a quello di Consumatore-Produttore e, quest’ultimo, potrà anche accumulare energia  fino a cedere  la parte di energia che eccede i propri fabbisogni.

Fin qui la normativa che ha riconosciuto il valore giuridico delle comunità, mettendo a disposizione i nuovi modelli per l’autoproduzione e l’autoconsumo  energetico collettivo.

La Crescita delle comunità  sarà il volano per l’attivazione in esercizio di un enorme  potenziale  produzione di energia derivante da fonti rinnovabili e l’abbattimento delle emissioni di CO2 sarà la naturale conseguenza,  insieme alla crescente autonomia dalle fonti energetiche non rinnovabili.

È abbastanza evidente che sarà necessario avere una rete distribuita intelligente per produrre e consumare energia rinnovabile. La rete sarà molto  diversa da quella attuale, pensata a suo tempo solo per la cessione  dell’energie. Le smart grid, termine con cui  si identificano queste reti intelligenti, dovranno abilitare i Prosumer con nuovi sistemi  e soluzioni di Business Analytics che gestiranno la complessità del modello  e ne aumenteranno l’efficienza.  

Il profondo cambiamento nel mercato dell’energia costringerà  tutti gli operatori del settore  ad accelerare nel processo di digitalizzazione e a  ragionare sempre più in termini di data driven management.  

Anche nel mercato dell’energia condivisa il ruolo delle IT  sarà, dunque, fondamentale e strategico: I vantaggi competitivi  saranno sempre più legati alla capacità di mettere velocemente  in relazione i dati e di analizzare le informazioni provenienti da più fonti per proporre  soluzioni riguardo alle analisi predittive e alle  indicazioni prescrittive.

Ma siamo davvero già pronti? Possiamo davvero dare il via alla fase operativa della transizione energetica verso  il nuovo modello che aprirà all’uso di energie rinnovabili  e alle comunità energetiche?

Sicuramente l’indipendenza energetica è oggi molto sentita perché dobbiamo mettere al riparo le nostre aziende e gli utenti consumatori dagli eventi politici  che, come la guerra in Ucraina, sono incontrollabili. Purtroppo, però  siamo ancora in una fase embrionale riguardo alle comunità energetiche, a causa dei ritardi sia legislativi sia della normativa tecnica di attuazione.

Il Mite in applicazione  del D.Lgs. 199/2021 aveva predisposto  nel marzo 2022 una bozza di decreto (FER 2)  con l’obiettivo di  sostenere la produzione di energia elettrica da impianti a fonti rinnovabili,  tramite la definizione di incentivi che siano da stimolo ad aumentare la produttività e la competitività in questo settore e contribuiscano agli obiettivi di decarbonizzazione 2030.

Cosa prevedeva la bozza del decreto FER2 ?

Il  Ministero della Transizione ecologica, con lo schema di Decreto “Fer2”, aveva  previsto la concessione di agevolazioni finalizzate all’aumento della produzione di energia a ridotto impatto ambientale nonché al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030.


Erano stati previsti  incentivi per la realizzazione di impianti innovativi e a ridotto impatto ambientale alimentati a:

o eolico off-shore.
o solare termodinamico con limite di potenza di 5.000 kW;
o geotermico-elettrico;
o biogas e biomasse, con il limite di potenza di 300 kW;

Nella bozza è  fatto carico a chi dovrà progettare e realizzare di:

o avere un titolo che abiliti alla costruzione e alla messa in esercizio degli impianti
o redigere un preventivo di connessione alle reti dell’impianto
o rispettare i requisiti minimi ambientali e prestazionali riportati nel decreto.

Riguardo all’accesso alle agevolazioni, si prevedeva   la partecipazione a  procedure pubbliche competitive, bandite dal Gestore dei  Servizi Energetici (GSE) nel periodo dal 2022 al 2026.

Le Regioni  hanno espresso un parere condizionato sul decreto FER 2  nel corso della conferenza unificata del 28 settembre u.s. con la richiesta di due modifiche ulteriori:

o la prima, riguarda gli impianti a biogas con la richiesta di ridurre la distanza dalle  reti di trasporto da 3km a 1,5km;
o la seconda, di rimodulare  la definizione di eolico off-shore eliminando la specifica “con fondazioni fisse”.

La bozza di decreto  è stata inevitabilmente posta sotto la lente di ingrandimento di tutti gli stakeholders coinvolti: dalle  associazioni, ai consorzi di produttori, agli  esperti del settore e, non ultimi, da  noi cittadini tutti, perché  le regole che saranno definite avranno un forte impatto nei prossimi anni sul  tema della gestione dei  servizi energetici del Paese.

L’importanza del decreto spiega anche le numerose richieste di revisione del testo del decreto  presentate.

Le Comunità energetiche basate sul modello Fotovoltaico

Riguardo all’utilizzo del fotovoltaico, grazie al nuovi template del modello unico 2022 si è ulteriormente semplificato l’iter:

per la connessione degli impianti fotovoltaici che ora è esteso a impianti fino a 200 kW;
per l’accesso al regime del Ritiro Dedicato.

I produttori interessati dovranno interfacciarsi esclusivamente con i Gestori di Rete per i quali è stato attivato, all’interno del portale Area Clienti GSE, il nuovo servizio “Modello Unico – MU” che consente la trasmissione dei file xml degli impianti che richiedono l’accesso al Ritiro Dedicato.

 

Dopo l’invio al GSE dei dati presenti nel Modello Unico, da parte dei Gestori di Rete, il Gestore dei Servizi Energetici, provvederà ad attivare il contratto di Ritiro Dedicato e a inviare al produttore il codice relativo e il link per visualizzarlo sul Portale Ritiro Dedicato – RID. Il contratto sarà attivo a partire dalla data di attivazione della connessione, comunicata dal Gestore di Rete. 

Resta invece  invariata la modalità di trasmissione del flusso informativo per gli impianti per cui è richiesto l’accesso al regime di Scambio sul Posto che prevede l’invio da parte dei Gestori di Rete tramite la sezione “Scambio sul Posto” presente nel portale di Gestione Misure Distributore – GMD.

Per quanto riguarda, invece, l’accesso ai servizi di Scambio sul Posto o Ritiro Dedicato tramite la procedura standard, rimane invariata la modalità prevista dal GSE, ovvero la presentazione della richiesta direttamente dal Produttore sui portali GSE.

La Struttura del modello unico. Il documento è così strutturato:

dati anagrafici del proprietario e dell’immobile o del bene oggetto dell’intervento;
dichiarazione del soggetto richiedente e di dichiarazione di essere in possesso della documentazione rilasciata dal progettista circa la conformità dell’intervento;
dati funzionali alla connessione e all’accesso al mercato da parte degli impianti di produzione.

La procedura prevede la seguente sequenza:

1. il richiedente compila e trasmette, in via informatica, al gestore il modello unico e prima di avviare i lavori fornisce i dati anagrafici  richiesti da ARERA;  
2. se il gestore da esito positivo alla richiesta la pratica sarà immediatamente e non è previsto l’emissione del preventivo per la connessione.
3. Il richiedente invierà   copia del Modello Unico al Comune,  caricherà i dati sul portale Gaudì e invierà copia del modello unico al GSE
4. Il richiedente riceverà dal gestore  l’addebito degli oneri da pagare per la connessione e dovrà inviare tramite PEC il file dei dati relativi all’impianto alla regione o alla provincia autonoma.

I Ritardi delle regole attuative e delle modalità di accesso ai nuovi incentivi

Le comunità energetiche faticano a diffondersi in Italia per i ritardi nella stesura delle regole  attuative e nella definizione dei bandi per accedere ai nuovi incentivi.

Occorre lavorare con urgenza al fine di rimuovere questa criticità: con l’insediamento del nuovo esecutivo e gli interventi dell’ARERA ci si augura che si possa dare finalmente il via al completamento degli iter di attivazione presso il Gestore del Servizio elettrico.

Sono ancora davvero poche le comunità energetiche che sono riuscite a concludere l’iter nonostante l’emergenza climatica e la necessità di fare  sempre maggiore ricorso alle fonti di energia rinnovabile.

Non sono solo i ritardi  autorizzativi a rallentare la partenza delle nuove comunità: spesso mancano le informazioni, mancano gli incentivi  da parte del MITE,  ed è anche complessa la procedura dei preventivi onerosi  per gli allacci alla RETE.

La regione Piemonte caso d’uso per la promozione delle comunità energetiche

La Regione Piemonte sta promuovendo le Comunità Energetiche Rinnovabili ed ha emanato una normativa regionale con cui attribuisce ad esse una dimensione di “comunità di Area” e un ruolo di garanzia che dovrà essere esercitato dal comune promotore: il tutto mediante un protocollo d’intesa  che prevede un ruolo di supervisione nell’esecuzione dei progetti e nel rapporto con i membri della comunità.  

La Regione Piemonte ha finanziato  4   progetti pilota sul territorio dopo aver svolto analisi per la creazione delle seguenti comunità energetiche:  

Valle Maira (13 Comuni, 1 Unione Montana e 3 Società),

Pinerolese (6 Comuni e 5 aziende)

Monviso (9 Comuni, 1 Unione Montana e 1 BIM)

Valle Susa (31 Comuni, 2 Unioni Montane e 4 soggetti pubblici/privati)

La  Regione individua la centralità dei comuni  che dovranno svolgere i ruoli di:

o promotore di iniziative
o prosumer
o punto informativo per i cittadini

e mantiene il ruolo di governance per il monitoraggio delle iniziative  sul territorio, per favorire la costituzione di CER nei piani energetici dei comuni e delle province, per definire le linee guida e i modelli di business idonei  alla promozione dei progetti e delle azioni di networking.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) –  MISSION  2 del PNRR – le CER

Le CER sono parte della Missione 2 – M2C2:

1.1  Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile, investimento;

1.2 Promozione rinnovabili per le comunità energetiche e l’autoconsumo.

Sono stati stanziati 2,2 miliardi di euro  per il finanziamento di impianti di produzione di energie rinnovabili.

Un po’ di numeri

Sono oltre 100 le comunità costituite in Italia e oltre 3500 quelle costituite in Europa. Il futuro dell’energia è ad emissione zero, scelta condivisa  unitamente anche alla  particolare attenzione per ridurre agli sprechi.

È ancora tanta la strada da percorrere, ma la fiducia  del successo deve risiedere nella consapevolezza di tutti che la produzione di energia rinnovabile e le comunità  energetiche

Sono parti imprescindibili di un processo di salvaguarda del nostro Pianeta e degli esseri viventi che lo occupano.

 

Vito Coviello, Socio AIDR e Responsabile Osservatorio  Tecnologie Digitali nel settore dei Trasporti e della Logistica

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